SPECIALE DICHIARAZIONI: Unico, il regime tributario delle cooperative

La disciplina fiscale delle società cooperative è rappresentata da un insieme frastagliato di norme e richiede molta attenzione per arrivare alla corretta tassazione (o non tassazione) dei proventi conseguiti da tali enti. In linea generale, le società cooperative residenti nel territorio dello stato realizzano attività d’impresa soggetta ad IRES.

Esse, infatti, determinano il reddito complessivo netto apportando all’utile o perdita di bilancio le variazioni fiscali e sono sottoposte in generale alle altre regole e adempimenti formali previsti per i soggetti passivi dell’imposta sulle società.

Tuttavia molte sono le disposizioni che accordano a tali enti diverse agevolazioni ed esenzioni di natura tributaria rispetto alla disciplina ordinaria dei soggetti passivi dell’IRES.

Premessa

La disciplina fiscale delle società cooperative è rappresentata da un insieme frastagliato di norme e richiede uno sforzo ricostruttivo notevole al fine di addivenire ad una visione d’insieme che consenta la corretta tassazione (o non tassazione) dei proventi conseguiti da tali enti. In linea generale, le società cooperative residenti nel territorio dello stato realizzano attività d’impresa soggetta ad IRES.

Le stesse, infatti, determinano il reddito complessivo netto apportando al risultato di esercizio (utile o perdita di bilancio) le variazioni fiscali (rettifiche in aumento/diminuzione dei costi e dei ricevi dell’esercizio) e sono sottoposte in generale alle altre regole e adempimenti formali previsti per i soggetti passivi dell’imposta sulle società.

Tuttavia molteplici sono le disposizioni che, al fine di tutelare e promuovere lo scopo mutualistico, accordano a tali enti diverse agevolazioni ed esenzioni di natura tributaria rispetto alla disciplina ordinaria dei soggetti passivi dell’IRES.

In generale, il regime tributario delle società cooperative trova la propria dottrina in numerosi provvedimenti legislativi. Attenendoci agli interventi più importanti, possiamo affermare che alcune previsioni sono contenute:

– nel D.L. n. 63/2002 (convertito, con modificazioni, dalla L. 15 giugno 2002, n. 112), articolo 6, commi da 1 a 3;

– nella Legge Finanziaria 2005 (Legge 30 dicembre 2004, n. 311), articolo 1, commi da 460 a 466;

– nell’art. 82, commi da 25 a 39, D.L. n. 112/2008.

Inoltre, l’articolo 10, Legge n. 99/2009 ha introdotto alcune novità per quanto riguarda le cooperative a mutualità prevalente, per le quali, ora, l’iscrizione nell’apposito albo assume valenza costitutiva ed è pertanto elemento essenziale per la qualificazione mutualistica.

Successivamente, con Circolare 16 ottobre 2009 n. 5427, il Ministero dello Sviluppo Economico è intervenuto provvedendo a fornire una serie di indicazioni utili per la corretta applicazione delle disposizioni introdotte dalla sopra citata Legge n. 99/2009.

La riforma del diritto societario ha introdotto il concetto di prevalenza dello scopo mutualistico, originando una ripartizione tra:

– “cooperative costituzionalmente riconosciute”, definite anche dal D.Lgs. n. 6/2003 “cooperative a mutualità prevalente”, le quali, se iscritte nell’apposito albo possono usufruire dei vantaggi richiamati dall’art. 45 della Costituzione;

– “cooperative non riconosciute” o “cooperative diverse”.

Cooperative a mutualità prevalente

Dal punto di vista civilistico, una cooperativa è considerata a mutualità prevalente quando:

– ex art. 2512 del C.c., “svolge attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi (coop. di consumo); si avvale prevalentemente, nello svolgimento della loro attività delle prestazioni lavorative dei soci (coop. di lavoro); si avvale prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci (coop. di produzione)”;

– è iscritta all’apposito albo tenuto dal Ministero per lo Sviluppo Economico, presso il Registro delle Imprese, ex art. 10, L. n. 99 del 23.7.2009;

– reca nel proprio statuto tutte le previsioni di cui all’art. 2514 del C.c., ossia: “il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi; il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

– il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori; l’obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell’intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione”;

– comunica periodicamente la sussistenza dei requisiti di mutualità all’apposito albo tenuto dal Ministero per lo Sviluppo, pena il divieto semestrale di assumere obbligazioni contrattuali, ex art. 10, L. n. 99 del 23.7.2009.

REQUISITI

Per poter essere ricomprese tra le cooperative a mutualità prevalente è necessario il rispetto di alcuni parametri contabili di riferimento.

In particolare, ai sensi dell’art. 2513, Codice civile, la condizione di prevalenza si verifica se:

– i ricavi delle vendite dei beni e delle prestazioni di servizi verso i soci superano il 50% del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni;

– il costo del lavoro dei soci supera il 50% del totale del costo del lavoro, considerate le altre forme di lavoro concernenti lo scopo mutualistico;

– il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci è maggiore del 50% del totale del costo dei servizi ovvero il costo per beni conferiti dai soci è superiore al 50% del costo delle merci o materie prime acquistate o conferite.

Casi particolari

Se ci si trova in una cooperativa “mista”, ossia con più tipi di scambi mutualistici, la prevalenza deve essere riscontrata attraverso il calcolo della media ponderata dei suddetti criteri.

Per le cooperative agricole, la mutualità prevalente si realizza se la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci supera il 50% della quantità o del valore totale dei prodotti.

Le cooperative sociali che rispettano le norme di cui alla Legge n. 381/1991 sono considerate a mutualità prevalente a prescindere dal rispetto dei parametri sopra evidenziati.

Con riferimento alle cooperative poste in liquidazione (volontaria, d’ufficio o coatta), in mancanza di un esercizio provvisorio dell’attività sociale, vengono meno i presupposti per la rilevazione dei parametri contabili. Pertanto la verifica della sussistenza della mutualità prevalente va riferita al momento della delibera dell’assemblea straordinaria di messa in liquidazione o dell’emanazione del Decreto che dispone lo scioglimento d’ufficio o la liquidazione coatta amministrativa.

Per le cooperative edilizie di abitazione, per le quali non è ancora iniziata alcuna attività connessa con la realizzazione dei fabbricati da assegnare ai soci, ai fini del rispetto dei parametri vanno considerati i ricavi maturati nei confronti dei soci in relazione alla ripartizione tra gli stessi dei costi generali della cooperativa (contributo annuale alla CCIAA, spese per il deposito del bilancio, ecc.).

PERDITA DEL REQUISITO DELLA MUTUALITÀ PREVALENTE

Ai sensi dell’art. 2545-octies C.c., si perde la prevalenza per il mancato raggiungimento, per due anni consecutivi, dei parametri gestionali di cui all’art. 2513 o per la volontaria soppressione delle clausole statutarie limitative di cui all’art. 2514.

Cooperative diverse

Si considerano cooperative a mutualità non prevalente quegli enti che pur perseguendo uno scopo mutualistico, non rispettano, a seconda della specifica tipologia mutualistica, i requisiti di prevalenza di cui agli artt. 2512 e 2513 del C.c.

Le società cooperative che non rispettano le caratteristiche ed i parametri sopra esposti costituiscono le “cooperative non riconosciute” o “cooperative diverse”.

Tali cooperative:

– non beneficiano delle agevolazioni fiscali. Tuttavia, come precisato nella relazione ministeriale al Decreto Legislativo n. 6/2003 “anche le cooperative diverse possono fruire delle agevolazioni e degli incentivi diversi da quelli di natura tributaria che l’ordinamento in genere”.

Esse pertanto potranno ottenere le agevolazioni in materia previdenziale, finanziaria, ecc.;

– possono trasformarsi in società lucrative, ossia in società di capitali o di persone, o in consorzi, come previsto dall’articolo 2545-decies, Codice civile, qualora vi sia il voto favorevole di almeno la metà dei soci (se i soci sono meno di 50).

Regime tributario: D.L. n. 63/2002 E D.L. n. 112/2008

L’obiettivo di un progressivo adeguamento del regime tributario delle società cooperative ai principi comunitari è stato attuato con il D.L. n. 63/2002, di interesse per le società cooperative e loro consorzi soggetti alla disciplina di cui alla Legge n. 59/1992.

Da quanto emerge dal comma 6, art. 6, D.L. n. 63/2002, rimangono, tuttavia, esclusi dalla disciplina, come di seguito descritta, le società cooperative di garanzia collettiva, fidi di primo e secondo grado e loro consorzi, a condizione che risultino iscritte nell’apposita sezione dell’elenco previsto all’art. 106, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D.Lgs. n. 385/1993.

RISERVA MINIMA OBBLIGATORIA

Il comma 1 del citato art. 6, D.L. n. 63/2002, per effetto delle modifiche previste dal D.L. n. 138/2011, stabilisce che l’utile accantonato a riserva legale deve essere tassato nella misura del 10%.

Anteriormente, invece, l’utile accantonato a riserva obbligatoria era escluso da imposizione.

Considerando che l’utile accantonato alla riserva legale è pari al 30%, le cooperative dovranno applicare l’IRES sul 3% di tale importo (10% x 30%). Di fatto quindi non va assoggettato a tassazione il 27% di quanto accantonato alla riserva legale.

La tassazione delle cooperative può essere così schematizzata.

I RISTORNI

Nella società cooperativa il socio si attende una remunerazione della propria prestazione a condizioni migliori di quelle mediamente praticate dal mercato.

La Circolare n. 53/2002, di chiarimento all’articolo 6, D.L. n. 63/2002, precisa che per ristorni erogati dalle cooperative in favore dei soci si devono intendere le somme erogate:

1. sotto forma di integrazione retributiva, per un importo non superiore al 30% dei trattamenti retributivi complessivi;

2. a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni o servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati.

Tali attribuzioni, quale forma di attribuzione del vantaggio mutualistico ai soci, sono aggiuntive e diverse rispetto ai redditi già corrisposti al socio sotto forma di dividendi. Mentre questi ultimi, infatti, costituiscono una remunerazione del capitale e sono quindi distribuiti in proporzione al capitale conferito da ciascun socio, i ristorni costituiscono uno strumento tecnico che consente di attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore remunerazione/compenso) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa.

Anche l’Agenzia delle Entrate con un Parere del 4 agosto 2008 ha affermato che i ristorni assegnati ai soci delle cooperative non assumono rilevanza nella determinazione dei ricavi presunti elaborati dagli studi di settore.

Qualora le cooperative decidano di destinare somme a titolo di ristorno in favore dei propri soci, ai sensi dell’art. 6, c. 2, D.L. n. 63/2002, tali somme:

– per le cooperative e loro consorzi rappresentano costi deducibili dal reddito prodotto nell’esercizio in cui sono maturati gli elementi di reddito sui quali è stata commisurata la quota dei ristorni stessi;

– per i soci non concorrono a formare reddito imponibile, tanto ai fini IRPEF che ai fini IRAP, qualora siano destinate ad aumento del capitale sociale della cooperativa o del consorzio.

Legge n. 311/2004, D.L. n. 112/2008 e modifiche del D.L. N.138/2011

Un ulteriore passo verso il progressivo adeguamento ai principi comunitari del regime tributario delle società cooperative è contenuto nell’art. 1, commi da 460 a 466, Legge n. 311/2004 che prevedono una serie di restrizioni alle agevolazioni fiscali previste dalle Leggi speciali:

– sia per le società cooperative a mutualità prevalente;

– sia per le società cooperative diverse.

Ciò significa che, fatta eccezione per alcune tipologie di cooperative (cooperative sociali), quelle che rispettano i requisiti quantitativi e qualitativi indicati negli artt. 2512 e 2513 del C.c., devono comunque assicurare una tassazione minima degli utili netti annuali.

COOPERATIVE A MUTUALITÀ PREVALENTE

Relativamente alle cooperative a mutualità prevalente, Legge n. 311/2004 ha disposto che:

– le somme accantonate a riserve indivisibili sono escluse da tassazione IRES non integralmente, ma in misura percentualmente ridotta;

– le agevolazioni disposte dall’articolo 10, D.P.R. n. 601/1973, a favore delle cooperative agricole e della piccola pesca non sono applicabili relativamente al 20% degli utili netti annuali;

– l’agevolazione di cui all’articolo 11, D.P.R. n. 601/1973, prevista per le cooperative di produzione e di lavoro, è applicabile limitatamente al reddito imponibile derivante dall’indeducibilità dell’IRAP.

COOPERATIVE DI CONSUMO

Il D.L. n. 138/2011 ha aumentato, per le cooperative di consumo, la percentuale di utile netto da assoggettare a tassazione. La quota di utili netti annuali da assoggettare all’imposta, in base a quanto previsto originariamente dal D.L. n. 112/2008, è passata dal 30% al 55%, per poi raggiungere il 65% per effetto delle modifiche previste dal D.L. n. 138/2011 che decorrono dal periodo d’imposta successivo a quello il corso al 17 settembre 2011. Ne consegue quindi un aggravio d’imposta.

La percentuale di esenzione da tassazione dell’utile è quindi pari al 35%, con la conseguente modifica anche della percentuale di utile d’esercizio che può essere accantonata a riserva indivisibile, di cui all’art. 12, Legge n. 904/1977.

In sostanza, le cooperative di consumo possono accantonare gli utili netti annuali a riserva indivisibile (sottraendoli così a tassazione ai sensi dell’art. 12, Legge n. 904/1977), solo per un ammontare pari al 35% (se l’assemblea decide di destinare a riserva indivisibile almeno il 35% dell’utile stesso).

La disposizione riguarda esclusivamente le cooperative di consumo, cioè quelle che forniscono beni nei confronti dei soci consumatori finali e risultano iscritte nella sezione dell’Albo delle cooperative a mutualità prevalente tenuto presso le Camere di Commercio.

Rimane confermata anche la quota di utile netto tassabile prevista per le cooperative non a mutualità prevalente, fissata nella misura pari al 70%

COOPERATIVE A MUTUALITÀ NON PREVALENTE

Nell’ambito delle cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, il Legislatore ha seguito una politica restrittiva molto meno pesante rispetto a quella elaborata per le cooperative a mutualità prevalente. La restrizione delle previgenti agevolazioni fiscali è stata infatti attuata esclusivamente mediante una riduzione dell’applicabilità del già sopra citato art. 12, L. n. 904/1977.

Ai sensi del comma 464, Legge n. 311/2004, le somme destinate alle riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuirle tra i soci, non concorrono a formare il reddito imponibile, e sono pertanto esenti, limitatamente alla quota del 30% degli utili netti annuali.

Per fruire dell’esenzione è inoltre necessario che la riserva indivisibile cui sono destinati gli utili sia espressamente prevista dallo statuto.

(fonte Fiscal News)

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