Il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili si configura anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia potuto ricostruire per via presuntiva il reddito d’impresa.
È inutile, poi, sostenere, a fini difensivi, che le scritture obbligatorie non state esibite ai verificatori perché si trovavano in un’autovettura divenuta oggetto di furto, se la denuncia presentata all’Autorità giudiziaria racconta un’altra verità, ossia che nel veicolo vi erano custodite solo alcune fatture e dei foglietti inerenti all’attività d’impresa. È quanto emerge dalla sentenza n. 41830/2015 della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Premessa
Il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili è contemplato dall’articolo 10 del D.Lgs. n. 74 del 2000, norma che, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dall’articolo 6, comma 1, D.Lgs. n. 158 del 2015 così dispone:
– salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un 1 anno e 6 mesi a 6 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.Articolo 10 D.Lgs. n. 74/2000
Testo in vigore dal 15 aprile 2000 al 21 ottobre 2015
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Testo in vigore dal 22 ottobre 2015
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
La nuova pena – reclusione da 1 anno e 6 mesi fino a 6 anni – si applica alle violazioni poste in essere dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 158/2015, ossia a partire dal 22 ottobre 2015. Per chi, invece, abbia commesso il reato prima di detta data, vale il regime sanzionatorio più mite fissato dall’originaria disposizione – minimo 6 mesi, massimo 5 anni di reclusione -, in forza del principio del favor rei.
Cassazione, sentenza n. 41830/15
Il caso trattato dalla sentenza in argomento riguarda una violazione commessa nella vigenza della vecchia norma; ma i principi affermati possono valere anche rispetto al nuovo regime.
La massima
Il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili si configura anche nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria abbia potuto ricostruire per via presuntiva il reddito d’impresa.
È inutile, poi, sostenere, a fini difesivi, che le scritture obbligatorie non state esibite ai verificatori perché si trovavano in un’autovettura divenuta oggetto di furto, se la denuncia presentata all’Autorità giudiziaria racconta un’altra verità, ossia che nel veicolo vi erano custodite solo alcune fatture e dei foglietti inerenti all’attività d’impresa.
Il caso
Gli ermellini hanno rigettato il ricorso proposto da un soggetto accusato di vari reati, tra cui quello fiscale di occultamento o distruzione della contabilità di cui all’art. 10 del D.Lgs. n. 74/2000:
– per non aver ottemperato alla richiesta dei verificatori di esibire la documentazione contabile dell’azienda.
Tale condotta omissiva è stata giustificata dalla difesa dell’imprenditore con il furto dell’autovettura al cui interno si trovavano proprio le scritture non esibite; ma si è trattato di una giustificazione che non ha retto all’esame dei giudici.
Per la Corte d’appello, che ha ritenuto configurato il reato fiscale in contestazione, i documenti contenuti nel veicolo rubato non erano affatto le scritture contabile obbligatorie, ma semplicemente “varie fatture e foglietti,” come risultante dalla denuncia presentata all’A.G. dallo stesso imputato.
In ogni caso era irrilevante che fosse stato possibile ricostruire il reddito d’impresa, posto che la ricostruzione in via presuntiva non è equiparabile a quella realizzabile sulla base della documentazione contabile non esibita.
Ebbene, la Suprema Corte ha reso definitivo il verdetto di responsabilità pronunciato dal giudice di secondo grado.
La Corte territoriale, con motivazione adeguata secondo gli ermellini, ha ritenuto certa la distruzione o, comunque, l’occultamento delle scritture obbligatorie a opera dell’imputato.
A proposito del furto dell’auto, in particolare, il collegio territoriale ha smontato la tesi difensiva facendo riferimento alla denuncia di furto dalla quale è emerso che all’interno dell’autovettura c’erano solamente – per come dichiarato dall’imprenditore – “varie fatture e fogliettini relativi alla mia attività lavorativa”;
quindi documenti che non potevano certo identificarsi con le scritture contabili obbligatorie. A ciò si è aggiunta la constatazione che dopo l’asserita sottrazione da parte di terzi, “non erano state ripristinate” le scritture in questione.
Ma la sentenza di seconde cure, secondo gli ermellini, è pure conforme alla giurisprudenza di legittimità formatasi con riguardo al reato contemplato dall’art. 10 del D.Lgs. n.74/2000: proprio perché la norma intende assicurare la trasparenza fiscale del contribuente, è irrilevante che la ricostruzione delle operazioni non documentate sia effettuata ab externo, attraverso riscontri incrociati, presso i soggetti economici cui si riferiscono quelle operazioni.
La norma, infatti, si legge in sentenza, “sarebbe sostanzialmente inutiliter data ove si attribuisse alla solerzia degli accertatori ed alla loro capacità di reperire aliunde elementi di prova una sorta di efficacia sanante dell’illecita condotta dell’imprenditore. Ben difficilmente infatti questa condotta sarebbe sanzionata dal momento che in materia, di regola, in un modo o nell’altro, prima o poi, eventualmente procedendo a controlli incrociati, l’evasione fiscale viene scoperta. Essa per contro, acquista una precisa ragion d’essere anche perché responsabilizza l’imprenditore allorché si interpreta nel senso che la ricostruzione dei redditi e del volume di affari dell’impresa deve poter avvenire con i documenti che il titolare è tenuto a conservare – escluso pertanto qualsiasi riferimento a un impossibilità assoluta di procedere a tale ricostruzione”.
La condotta rilevante ai fini del reato
Il Decreto di riforma dei reati tributari, entrato in vigore il 22 ottobre 2015, ha inasprito il regime sanzionatorio per il reato contemplato dall’art. 10 del D.Lgs. n. 74/00, mentre nulla è cambiato sotto il profilo delle condotte punite (occultamento/distruzione).
L’occultamento e la distruzione sono due differenti modalità di commissione del reato.
Si ha la condotta di occultamento quando i documenti non sono volutamente reperibili, perché nascosti o portati in luoghi ignoti. Per aversi occultamento penalmente rilevante non è sufficiente la mancata presenza della documentazione nel luogo indicato, ma è necessario che questa omissione sia stata chiaramente predisposta al fine di impedire la sua acquisizione agli organi di controllo allo scopo di “non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari”.
Si ha invece l’ipotesi di distruzione quando le scritture contabili o i documenti siano eliminati, per esempio, mediante distruzione del supporto cartaceo o mediante apposizioni di cancellature o abrasioni.
L’individuazione dell’una o dell’altra condotta (occultamento o distruzione) rileva per verificare il momento di consumazione del reato, atteso che l’articolo 158 del Cod. pen. stabilisce che “il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione…”.
Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione, n. 28656/2009 e n. 13716/2006):
– la distruzione configura un reato istantaneo, che si realizza al momento dell’eliminazione della documentazione;
– l’occultamento ha invece natura permanente e si protrae nel tempo. In questo secondo caso, dunque, la condotta antigiuridica perdura fintanto che è consentito il controllo da parte degli organi competenti dell’Amministrazione; quindi sino allo spirare dei termini previsti dalle leggi tributarie per l’accertamento dell’ammontare dei redditi o del volume degli affari – articoli 57 del D.P.R. n. 633/1972 e 43 del D.P.R. 600/1973.
Con la sentenza n. 11537/2014, la Cassazione ha ribadito che la fattispecie di occultamento delle scritture contabili ha natura di reato permanente, precisando che la condotta penalmente rilevante si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, che coincide con il dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione.
La condotta antigiuridica può cessare con l’interruzione spontanea dell’azione di occultamento (il contribuente esibisce i documenti prima dell’inizio dell’azione penale – Cassazione, n. 5791/2008) o per intervento di terzi (ad esempio a seguito della contestazione dell’illecito), ma non può essere sanata dalla solerzia degli accertatori e alla loro capacità di reperire aliunde elementi di prova (Cassazione, nn. 39711/2009 e 37592/2008) o con una ricostruzione ab externo attraverso riscontri incrociati (Cassazione n. 3057/2008).
Secondo la recentissima sentenza n. 35665 del 2015, se è incerta la data di distruzione delle fatture, il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione in relazione al reato di cui all’art. 10 D.Lgs. n. 74/2000 non può essere collocato in data anteriore a quella dell’accertamento (in sentenza si legge che, “in assenza di prove dell’avvenuta distruzione dei documenti in un determinato momento, la condotta dell’occultamento diventa rilevante per il diritto nel momento in cui non si adempie l’obbligo di esibirla o di allegarla alla dichiarazione”. Sicché, nella specie, il decorso del termine prescrizionale andava computato dall’ispezione della Guardia di Finanza).
Fonte Fiscal News