Reverse charge nel settore edile

L’estensione del Reverse charge nel settore edile, divenuta efficace con l’entrata in vigore della Legge di Stabilità 2015 (a partire dal 1° gennaio 2015), ha sollevato sin dalla sua introduzione molteplici dubbi applicativi che hanno reso la vita ancor più difficile ad imprese e professionisti. Si tratta in particolare di stabilire con certezza il perimetro applicativo della norma e individuare quali siano le fattispecie per le quali il prestatore debba emettere fattura con l’indicazione inversione contabile.

Si ricorda infatti che con il meccanismo del Reverse charge gli obblighi dell’assolvimento dell’IVA sono “traslati” dal soggetto cedente/prestatore al soggetto cessionario/committente.

L’utilizzo di questo particolare meccanismo di assolvimento dell’IVA evita l’attuazione delle frodi consistenti nell’intascare l’IVA dal cessionario/committente senza che questa venga successivamente versata all’Erario. Le nuove fattispecie soggette a Reverse charge

La Legge di Stabilità 2015 ha introdotto la nuova lettera a-ter, nel comma 6, dell’art. 17, D.P.R. 633/1972.

La richiamata disposizione prevede l’applicazione del Reverse charge anche per le “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”.

A differenza di quanto previsto nella lettera a), dell’art. 17, co. 6, D.P.R. 633/1972, la nuova lettera a-ter) del comma 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972 prevede che il sistema dell’inversione contabile si applica in ogni caso, a condizione che il committente sia un soggetto passivo.

In pratica, il sistema dell’inversione contabile introdotto dalla nuova lettera ater) del comma 6 dell’art. 17, D.P.R. 633/1972 si applica in ogni caso, quando il committente sia un soggetto passivo che agisce in quanto tale, a prescindere dalla circostanza che le prestazioni siano rese:

– dal subappaltatore nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;

– nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori.

In conclusione, per le prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici, il Reverse charge assume carattere oggettivo, applicandosi indipendentemente:

– sia dal rapporto contrattuale;

– sia dalla tipologia di attività esercitata.

Il concetto di edificio

Una delle questione che necessita di un immediato chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate riguarda il concetto di “edificio”. La norma introdotta nel D.P.R. 633/1972 è conforme all’art. 199 par. 1, lettera a), della Direttiva n. 2006/112/CE.

Tuttavia, mentre la normativa comunitaria fa riferimento ai “beni immobili”, il Legislatore nazionale parla di “edifici”.

Il criterio utilizzato dal Legislatore nazionale risulta oggettivamente più ristretto rispetto a quello adottato dal Legislatore comunitario, anche se è auspicabile che venga adottata un’interpretazione estensiva del concetto di edificio parificandolo al concetto di bene immobile.

Per quanto riguarda la definizione di “edificio” c’è chi sostiene si debba far riferimento agli interventi chiarificatori dell’Amministrazione Finanziaria.

Si tratta, in particolare, della Risoluzione n. 46/E/1998 e della Circolare n. 1820 del 23-7-1960 Ministero dei Lavori pubblici.

DEFINIZIONE – Nei richiamati interventi di prassi si definisce edificio qualsiasi costruzione coperta isolata da vie o da spazi vuoti, oppure separata da altre costruzioni mediante muri che si elevano, senza soluzione di continuità, dalle fondamenta al tetto, che disponga di uno o più liberi accessi sulla via, e possa avere una o più scale autonome.

Si dovrebbero quindi escludere dal meccanismo del Reverse charge tutte le prestazioni di pulizia riferite ai beni mobili, nonché quelle riferite a beni immobili che non hanno la natura di edificio (strade, piazzali, terreni, imbarcazioni).

In una Circolare del 30.01.2015, la Fondazione Nazionale Commercialisti ha sostenuto che per individuare il corretto significato da attribuire al termine “edificio” può farsi riferimento al Regolamento 1042/2013, in vigore dal 1° Gennaio 2017, che fornisce la definizione di bene “immobile”.

Prestazioni di pulizia

Sulla possibilità di applicare il Reverse charge alle prestazioni di servizi di pulizia vi sono ancora dubbi legati al fatto che per tali prestazioni, nella Relazione illustrativa alla Legge di Stabilità 2015, si fa esplicito riferimento al solo ambito del settore edile (pulizia del cantiere).

Per l’individuazione delle prestazioni di pulizia si dovrebbe far riferimento al gruppo 81.2 dell’ATECO 2007 (come previsto dalla Relazione Tecnica alla Legge di Stabilità) escludendo le pulizie di beni diversi da edifici, come ad esempio gli impianti industriali.

I dubbi riguardano anche l’inclusione dell’attività di disinfestazione, denominata in modo distinto nella Tabella ATECO rispetto alla pulizia, ma comunque rientrante nel gruppo 81.2 menzionato dalla citata Relazione Tecnica.

Stando al dato letterale della norma, tuttavia, è ragionevole ritenere che il Reverse charge si applichi in ogni caso, purchè trattasi ovviamente di prestazione di servizi relative ad edifici.

Manutenzioni

Nel definire l’ambito oggettivo di estensione del Reverse charge nel settore edile, il Legislatore ha fatto riferimento all’installazione di impianti e non alla loro manutenzione. Di conseguenza, il reverse charge troverà applicazione per l’installazione degli ascensori ma non per la loro manutenzione. Anche in questo caso il riferimento ai codici ATECO potrebbero essere fuorviante. Questi fanno riferimento infatti che alla manutenzione di impianti elettrici, elettronici ed idraulici.

Servizi di demolizione

Per quanto riguarda i servizi di demolizione, si ritiene che questi rientrino nel Reverse charge in ogni caso; normalmente, però, in presenza di una ricostruzione di un fabbricato la demolizione è affidata all’impresa che poi procede anche alla costruzione dell’edificio, ipotesi per la quale il Reverse charge si applica soltanto per le prestazioni dei subappaltatori. Quindi, in presenza di un unico appalto non occorre scomporre la demolizione e la realizzazione degli impianti, che rientrerebbero nel Reverse charge, dalla costruzione per la quale l’appaltatore applica al committente l’IVA nei modi ordinari.

Cessioni di beni con posa in opera

L’estensione del Reverse charge nel settore edile riguarda esclusivamente le prestazioni di servizi. Sono considerate prestazioni di servizi i contratti di appalto o d’opera e solo per tale prestazioni troverà applicazione il Reverse charge.

Nel caso della cessione con posa in opera si ha la cessione di un bene accompagnata dalla relativa installazione.

In tal caso, è necessario valutare se tale operazione sia qualificabile come cessione di beni e quindi non sia applicabile del Reverse charge o invece sia da considerarsi prestazione di servizi con conseguente applicazione del Reverse charge.

Sia la giurisprudenza di legittimità che la prassi dell’Amministrazione Finanziaria sono concordi nel ritenere che mentre nella vendita vi è l’ordinario svolgimento del ciclo produttivo dell’impresa e la successiva immissione nel mercato del bene realizzato, nell’appalto la realizzazione del bene avviene su richiesta del committente (prodotto su ordinazione). In sostanza, nell’appalto il prodotto su ordinazione costituisce un quid novi rispetto alla produzione ordinaria dell’imprenditore mentre nella vendita si ha il trasferimento di un bene “ordinariamente” prodotto dall’impresa.

L’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 25 del 06.03.2015, ha chiarito che nel caso di imprese artigiane che, sulla base di contratti di appalto commissionati dagli utenti finali, producono infissi su misura per poi installarli, l’aliquota IVA agevolata è applicabile al valore degli infissi costruiti dall’azienda installatrice entro i limiti previsti per i “beni significativi”.

Chiarisce l’Agenzia delle Entrate che sia nel caso in cui le operazioni poste in essere siano riconducibili a un contratto di cessione con posa in opera sia nel caso in cui siano riconducibili a un contratto di appalto, ai fini dell’individuazione dell’aliquota Iva applicabile, la fornitura degli infissi rileva come fornitura di beni significativi. Pertanto, in entrambe le ipotesi, l’aliquota IVA agevolata è applicabile al valore degli infissi costruiti dall’azienda installatrice entro gli anzidetti limiti previsti per i “beni significativi”.

L’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che:

– sia nel caso in cui le operazioni poste in essere siano riconducibili ad un contratto di cessione con posa in opera che nel caso in cui siano riconducibili ad un contratto di appalto, per individuare l’aliquota IVA applicabile, la fornitura degli infissi rileva come fornitura di beni significativi. In entrambe le ipotesi, quindi, l’aliquota IVA agevolata è applicabile al valore degli infissi realizzati dall’azienda installatrice entro i limiti previsti per i beni significativi;

– il valore dei beni significativi va individuato nell’imponibile ai fini IVA di cui all’art. 13, D.P.R. n. 633/72 ed è quindi pari all’ammontare del corrispettivo dovuto al cedente / prestatore secondo le condizioni contrattuali.

– ferma restando l’autonomia contrattuale delle parti, nel caso in cui il bene significativo sia realizzato dal soggetto che esegue i lavori, si ritiene corretto quantificare il relativo valore tenendo conto di tutti gli oneri che hanno concorso alla produzione dello stesso e, dunque, sia delle materie prime che della manodopera impiegate per la realizzazione.

(fonte Fiscal News)

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