Residenza fiscale e lotta all’evasione, l’esterovestizione societaria

Negli ultimi anni si sta intensificando, da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza, la lotta all’evasione fiscale internazionale, fenomeno molto diffuso e di particolare pericolosità. In tale contesto, una delle forme maggiormente insidiose di evasione internazionale è sicuramente costituita dal fenomeno dell’esterovestizione societaria. L’esterovestizione delle persona fisica o giuridica consiste,in particolare, nella fittizia localizzazione della residenza fiscale in Paesi o territori diversi dall’Italia (in ambito UE o extra UE), per sottrarsi agli adempimenti tributari previsti dall’ordinamento di reale appartenenza e beneficiare, nel contempo, del regime fiscale più favorevole vigente altrove.Sostanzialmente, si realizza una “dissociazione” tra residenza reale e residenza fittizia/formale del soggetto passivo (persona fisica o società), che persegue lo scopo di assoggettare i propri redditi a tassazione in un paese o in un territorio a fiscalità privilegiata. Nel presente intervento saranno quindi tracciati i criteri previsti dall’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale per determinare la residenza fiscale del soggetto passivo.

Premessa

Nel diritto tributario nazionale ed internazionale l’esatta individuazione della residenza fiscale è un tema di centrale importanza. Infatti, un soggetto residente nel territorio dello Stato italiano è assoggettato a tassazione per i redditi ovunque prodotti nel mondo, in quanto la legislazione tributaria nazionale, alla stregua della maggior parte degli altri ordinamenti fiscali, per i soggetti residenti sottopone a tassazione, ai fini dell’imposizione personale, tutti i redditi posseduti, in Italia ed all’estero, in virtù del noto principio della tassazione dell’utile mondiale o “world wide taxation”.

Quindi i vari soggetti passivi (persone fisiche e giuridiche) possono porre in essere insidiose pratiche evasive consistenti nell’ubicare formalmente all’estero la residenza fiscale mentre, in realtà, vivono e dimorano in un altro Stato.

Per tale motivo, il legislatore nazionale ha introdotto nel testo unico delle imposte sui redditi (artt. 2 e 73 del D.P.R. n. 917/1986), specifici criteri idonei ad individuare la residenza fiscale delle persone fisiche e giuridiche.

La residenza fiscale delle persone fisiche

L’articolo 2, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986, dispone che: “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni n.d.a.) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

Si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (art. 2, comma 2-bis D.P.R. n. 917/1986).

Ciò significa che qualora il soggetto passivo sia immigrato in un paradiso fiscale di cui alla “black list” approvata con Decreto del 4 maggio 1999 (individuazione di Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato per i soggetti IRPEF) lo stesso – in virtù della presunzione legale relativa posta dalla norma – sarà considerato residente in Italia salvo prova contraria che deve fornire il contribuente stesso.

La residenza fiscale delle persone fisiche: il domicilio e la residenza civilistica

Il domicilio è definito dall’art. 43, primo comma, del Codice civile, come “il luogo nel quale la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”. In particolare, il domicilio è caratterizzato dalla volontà del soggetto di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi. Circolare n. 304/E del 2 dicembre 1997 (Ministero delle Finanze Direzione centrale accertamento e programmazione).

In buona sostanza, il domicilio civilistico si riferisce al luogo ove il soggetto, per la maggior parte del periodo d’imposta, ha conservato i suoi rapporti di natura patrimoniale ed economica (conti correnti, immobili, natanti, autovetture), ma anche i propri interessi di carattere familiare e sociale (es. la moglie, i figli).

La residenza è definita dall’art. 43, secondo comma, del Codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”.

La residenza fiscale delle persone fisiche: iscrizione all’anagrafe della popolazione residente

L’iscrizione, per la maggior parte del periodo d’imposta, all’anagrafe della popolazione residente di un determinato comune italiano, comporta la presunzione assoluta di residenza ai fini fiscali.

Quindi, un cittadino italiano che vuole emigrare all’estero ove stabilire la propria residenza fiscale, deve provvedere alla cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente del suo comune di residenze e, contestualmente, provvedere ad iscriversi all’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero).

Trasferimento della residenza in un paradiso fiscale

Come detto, il contribuente che ha trasferito la sua residenza in uno Stato o territorio a regime fiscale privilegiato (paradiso fiscale), avrà l’onere di dimostrare l’effettività del trasferimento e l’idoneità degli elementi assunti come prova, al fine di dimostrare l’effettivo cambiamento del centro dei propri affari e interessi personali in quanto, per espressa disposizione normativa si realizza una presunzione legale relativa di residenza fiscale in Italia, salvo prova contraria che deve fornire il soggetto passivo.

La residenza delle persone fisiche: le disposizioni internazionali Ocse

Per evitare conflitti di residenza (c.d. dual residence), in ambito internazionale l’articolo 4, par. 2 del Modello di convenzione Ocse, a cui sono ispirati i principali Stati, prevede che una persona fisica residente di due Stati contraenti è considerata residente dello Stato contraente nel quale ha una abitazione permanente. Se ha una abitazione permanente in entrambi gli Stati, è considerata residentedello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali).

Se non si può determinare lo Stato nel quale ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la persona non ha una abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente.

Se soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti o non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità.

Se ha la nazionalità di entrambi gli Stati, o se non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati contraenti risolvono la questione di comune accordo.

La residenza fiscale delle persone giuridiche

Il requisito della residenza fiscale per gli enti diversi dalle persone fisiche è disciplinato dagli artt. 5, comma 3, lett. d) e 73 del D.P.R. n. 917/1986. Le disposizioni di legge prevedono che la società di capitale è considerata fiscalmente residente in Italia, quando per la maggior parte del periodo d’imposta ha avuto la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.

La normativa di riferimento ha, pertanto, previsto tre criteri (uno di carattere formale; gli altri aventi carattere sostanziale), per collegare fiscalmente le persone giuridiche al territorio nazionale:

– la sede legale;

– la sede dell’amministrazione;

– l’oggetto principale.

I presupposti in esame sono fra loro alternativi1: è sufficiente che uno solo di essi ricorra perché la società (o l’ente) sia considerato fiscalmente residente in Italia e, conseguentemente, soggetto a tassazione per i redditi ovunque prodotti nel mondo.

Vengono di seguito analizzati i singoli requisiti fissati dal legislatore per individuare la residenza ai fini fiscali del soggetto passivo.

La sede legale

La sede legale è un requisito di carattere formale, di derivazione civilistica e si identifica con la sede sociale indicata nell’atto costitutivo o nello statuto. In merito, l’art. 2328 c.c. prevede che l’atto costitutivo della società deve indicare la sede della società e le eventuali sedi secondarie. Inoltre, anche nelle comunicazioni effettuate presso gli Uffici Finanziari e nel Registro delle imprese deve essere necessariamente indicata la sede legale della società.

Inoltre:

– l’articolo 16, comma 1, c.c. (atto costitutivo e statuto), prevede che l’atto costitutivo e lo statuto devono contenere la denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede, nonché le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione;

– l’articolo 46 c.c. (sede delle persone giuridiche): quando la legge fa dipendere determinati effetti dalla residenza o dal domicilio, per le persone giuridiche si ha riguardo al luogo in cui è stabilita la loro sede.

Nei casi in cui la sede stabilita ai sensi dell’articolo 16 dello stesso codice civile ovvero la sede risultante dal registro è diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima;

– l’articolo 2196 c.c. (iscrizione dell’impresa) prevede che entro trenta giorni dall’inizio dell’attività di impresa l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve chiedere l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando:

1) il cognome e il nome, il nome del padre, la cittadinanza;

2) la ditta;

3)l’oggetto dell’impresa; 4) la sede dell’impresa; 5) il cognome e il nome degli institori e procuratori;

– l’articolo 2197 c.c. (sedi secondarie) prevede che l’imprenditore che istituisce nel territorio dello Stato sedi secondarie con una rappresentanza stabile deve, entro trenta giorni, chiederne l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese del luogo dove è la sede principale dell’impresa;

– l’articolo 2330 c.c. (deposito dell’atto costitutivo ed iscrizione della società) prevede l’obbligo per il Notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo, di depositarlo entro venti giorni presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale;

– gli artt. 2328 e 2475 c.c. prevedono che nell’atto costitutivo devono essere indicati gli elementi fondamentali della società, tra i quali la “sede sociale” e “l’oggetto sociale dell’impresa”.

Oggetto sociale

L’oggetto esclusivo o principale della società o dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata.

In particolare, per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto (art. 73, comma 4, del D.P.R. n. 917/ 1986).

In mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l’oggetto principale dell’ente residente é determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti.

Il requisito dell’oggetto principale, va individuato oltre che nell’attività prevista nell’atto costitutivo o nello statuto (requisito formale), nell’attività d’impresa effettivamente esercitata dalla società o dall’ente giuridico oggetto d’osservazione (requisito sostanziale).

L’oggetto principale dell’impresa é l’attività concreta esercitata per raggiungere gli scopi sociali: se tale attività viene svolta in parte in Italia ed in parte all’estero, l’Amministrazione Finanziaria dovrà accertare la prevalenza quantitativa dell’attività italiana rispetto a quella estera.

In sostanza si dovrà individuare su quale territorio l’impresa localizza il proprio «core business», la principale attività commerciale, industriale etc..

Con specifico riferimento alle holding, avuto riguardo al luogo in cui viene realizzato l’oggetto sociale, rileva non tanto quello in cui si trovano i beni principali posseduti dalla società, quanto la circostanza che occorra o meno una presenza in loco per la gestione dell’attività dell’ente.

A tal proposito, nella circolare 31 ottobre 2007, n. 67, l’Assonime ha rilevato che: «la distinzione assume particolare rilevanza per le holding di gestione delle partecipazioni, per le quali non bisogna confondere, ai fini della localizzazione, l’oggetto principale dell’attività d’impresa propria del soggetto controllante con quello delle società partecipate, né tantomeno con la collocazione dei beni da queste posseduti».

Conseguentemente, l’oggetto principale deve essere individuato nel luogo in cui le attività di direzione e coordinamento e le altre attività ausiliarie di gestione operativa vengono effettuate.

La sede dell’Amministrazione

La sede dell’Amministrazione di una società o di un ente è il luogo dove viene gestito il soggetto economico, ovvero il luogo da cui promanano le direttive operative, le decisioni strategiche dell’impresa, il territorio dove vengono assunte le principali decisioni riguardanti la gestione operative della società o dell’ente, lo Stato in cui vive e dimora stabilmente il management societario. La sede dell’amministrazione (rectius la sede effettiva), nella definizione fornita dalla giurisprudenza di legittimità è ravvisabile nel luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e della propulsione dell’attività dell’ente (cfr. sentenza della Corte di Cassazione 16 giugno 1984, n. 3604).

La sede dell’Amministrazione è quindi il luogo ove è situato il centro decisionale e strategico dell’impresa ovvero il territorio:

– dove è situato il quartier generale, dove risiedono gli amministratori della società;

– dove vengono assunte “le decisioni strategiche più importanti” che riguardano la gestione dell’impresa nel suo complesso;

– dove vengono definiti gli “indirizzi imprenditoriali” dell’azienda e dal quale, di conseguenza, vengono diramati i principali “impulsi direttivi” della società o dell’ente.

– il luogo dove vengono assunte le decisioni rilevanti per la gestione dell’impresa o per il perseguimento delle finalità dell’ente (Assonime circolare n. 67/2007), ovvero il luogo in cui si formano e vengono assunte le decisioni strategiche e gestionali rilevanti per l’impresa;

– dove si riuniscono gli amministratori e l’assemblea dei soci (verbali delle assemblee dei soci, determinazioni dell’amministratore unico e delibere del Consiglio di Amministrazione);

– dove si svolgono con regolarità le attività dell’impresa;

– dove risiedono gli amministratori e se sono in maggioranza italiani o stranieri;

– il territorio ove è situata la disponibilità di conti correnti, da cui la società estera trae le provviste per svolgere le attività sociali.

La residenza delle persone giuridiche: le disposizioni internazionali Ocse

Nel paragrafo precedente è stato evidenziato che la normativa nazionale relativa alla residenza fiscale delle persone giuridiche prevede la compresenza di un criterio formale (la sede legale) e di due criteri sostanziali (la sede dell’Amministrazione e l’oggetto principale).

I tre criteri operano autonomamente e, conseguentemente, al realizzarsi di uno dei requisiti previsti dalla legge, il soggetto passivo sarà considerato residente in Italia.

Si pone adesso il problema di comprendere come gli elementi che individuano la residenza fiscale possano coesistere tra di loro, in quanto la contestuale presenza di più criteri sostanziali, riconosciuti dai diversi ordinamenti giuridici (quello dello Stato italiano e quello dello Stato estero), potrebbe comportare la possibilità che un soggetto venga considerato residente in più Stati, in quanto ad esempio ha la sede dell’Amministrazione in Italia, mentre esercita la propria attività, il proprio oggetto sociale all’estero.

In ambito internazionale, al fine di dirimere ipotesi di conflitto di residenza, il Modello Ocse di Convenzione sui redditi prevede specifiche disposizioni che consentono di definire la residenza del soggetto passivo, ai sensi della Convenzione internazionale. Infatti, gli accordi internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi hanno l’obiettivo di ripartire la pretesa tributaria tra i due Stati coinvolti, individuando lo Stato della residenza del soggetto passivo ed in via residuale lo Stato della fonte che, generalmente, si impegna a ridurre ovvero a rinunciare al proprio potere impositivo.

Le convenzioni internazionali ispirate al Modello Ocse (articolo 4, paragrafo 3), per individuare la residenza fiscale del soggetto passivo, fanno riferimento al c.d. criterio della sede di direzione effettiva, rappresentata dal c.d. “place of effective management”, la cui definizione è rinvenibile nel paragrafo 24 del commentario O.C.S.E., modificato dal documento “The 2008 update to the OECD Model Tax Convention” del 18 luglio 2008.

Ciò premesso, nel corso di un controllo fiscale, qualora l’Italia abbia stipulato una convenzione bilaterale con lo Stato estero dove formalmente risiede la società estera, l’Amministrazione Finanziaria dovrà tenere conto del criterio della sede di direzione effettiva previsto dalla norma convenzionale.

Conseguentemente, la convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi risolverà il conflitto di residenza dando prevalenza, tra i due criteri sostanziali (oggetto principale e sede dell’amministrazione), al criterio del “place of effective management”.

(fonte Fiscal News)

Facebook
LinkedIn
WhatsApp
Email

Newsletter

Rimani aggiornato sulle ultime novità, effettua l’iscrizione alla newsletter di Foceri&partners