Per affrontare gli aspetti IVA legati al commercio elettronico, va operata innanzitutto una distinzione tra commercio elettronico DIRETTO, ove tutte le fasi della transazione (dall’ordine, al pagamento, alla consegna), avvengano on-line e commercio elettronico INDIRETTO, dove l’acquisto avviene on-line, ma la consegna avviene in seguito, fisicamente, attraverso il tradizionale servizio postale o tramite vettore.
Mentre le operazioni di commercio elettronico indiretto possono essere ricondotte alla fattispecie delle cessioni di beni (perché assimilate alle cosiddette “ vendite a distanza”), il commercio elettronico diretto, invece, va ricondotto nel novero delle prestazioni di servizi (per cui assume rilevanza il momento di ultimazione della prestazione o del pagamento ai fini della determinazione del momento impositivo).
Il commercio indiretto
Il commercio indiretto è la forma di e-commerce più semplice da disciplinare:
la consegna fisica del bene presso il consumatore finale tramite posta o corriere consente, infatti, di individuare agevolmente il luogo nel quale l’operazione è resa.
Il commercio elettronico di tipo indiretto eseguito in Italia è assimilato alle vendite a distanza o per corrispondenza.
La disciplina IVA ed i connessi adempimenti sono differenti, a seconda che si tratti di:
– cessioni effettuate in Italia;
– cessioni intracomunitarie o acquisti intracomunitari;
– esportazioni o importazioni.
Il Se.c.i.t. (Servizio Consultivo ed Ispettivo Tributario), nella sua Relazione annuale del 1999 aveva fornito una definizione di commercio elettronico indiretto. Esso si ha quando “la fase preliminare di ordine ed anche il pagamento vengono effettuati on-line, ma il bene viene poi fisicamente spedito al domicilio o alla sede dell’acquirente. Si tratta della vendita di beni tradizionali (come vino, libri, computer, eccetera) che ha delle analogie con la vendita per corrispondenza e che si avvantaggia della forma elettronica per espandere i propri canali e le proprie vendite”.
Il commercio elettronico di tipo indiretto eseguito in Italia è assimilato alle vendite a distanza o per corrispondenza. La disciplina IVA ed i connessi adempimenti sono differenti, a seconda che si tratti di:
– cessioni effettuate in Italia;
– cessioni intracomunitarie o acquisti intracomunitari;
– esportazioni o importazioni.
Territorialità – COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO
In base ai soggetti che prendono parte al processo di vendita, il commercio elettronico indiretto può essere classificato come segue:
1. business to consumer (B2C): si tratta delle transazioni commerciali di beni e servizi tra imprese e consumatori finali;
2. business to business (B2B): si tratta dell’insieme delle transazioni commerciali effettuate tra imprese.
In base a tale suddivisione, si avranno profili IVA diversi a seconda dei casi:
B2B
Se un soggetto italiano cede il bene ad un soggetto passivo IVA UE e invia il bene stesso in un altro Paese UE si configura un’operazione intracomunitaria. Di conseguenza si applicheranno tutte le disposizioni previste in materia di scambi intracomunitari previsti dal D.L. n.331/93.
B2C
Le operazioni effettuate dal cedente italiano verso cessionari (non soggetti IVA) di altri Stati membri, scontano l’IVA in Italia a condizione che:
1) i beni siano spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di un altro Stato membro;
2) l’importo annuo delle vendite nello Stato membro di destino, nell’anno precedente e nell’anno in corso, non sia superiore ad Euro 100.000, o al minor ammontare stabilito in ogni Stato membro di destinazione, secondo la Direttiva 2006/112/CE.
Il cedente che non abbia superato il limite prima indicato può comunque optare previa specifica opzione di durata triennale da esplicitare in sede di dichiarazione IVA, per l’applicazione dell’IVA nel paese di destinazione.
Nel caso in cui il cedente opti volontariamente per la tassazione nel Paese di destinazione o ne sia costretto per superamento dei limiti, dovrà nominare un rappresentante fiscale nello Stato membro di destinazione oppure procedere ad identificarsi direttamente.
La tabella aggiornata al mese di marzo 2014 delle soglie degli acquisti a distanza fissate dai singoli Stati membri può essere reperita anche all’indirizzo Internet: www.ec.europa.eu/taxation_customs/taxation/vat/traders/vat_community/index_en.htm.
La fatturazione delle operazioni
Per le fattispecie che rientrano nel commercio elettronico indiretto non è obbligatoria l’emissione della fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione. L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione:
1) per le cessioni di beni effettuate (…) per corrispondenza (….).
Dato che l’acquirente può richiedere l’emissione della fattura è opportuno predisporre il sito internet in modo che sia possibile, per l’acquirente, effettuare la relativa opzione e, conseguentemente, indicare i dati necessari per la fatturazione.
L’art. 101, comma 2 della Legge 21 novembre 2000, n. 342 ha condizionato la previsione di non obbligatorietà della emissione della fattura sia al vincolo che il pagamento sia stato effettuato “con l’intervento di intermediari finanziari abilitati” (es. carte di credito), sia alla necessità della “presenza di idonea documentazione”.
Le operazioni in commento, inoltre, non sono soggette all’obbligo di certificazione fiscale (mediante scontrino o ricevuta) ai sensi dell’art.2, comma 1, lett. oo) del D.P.R. 696/1996.
Dalla norma si legge: “Non sono soggette all’obbligo di certificazione … (scontrino o ricevuta fiscale): oo) le cessioni di beni poste in essere da soggetti che effettuano vendite per corrispondenza,limitatamente a dette cessioni.”
Queste semplificazioni, proprie della vendita per corrispondenza, consentono a chi decide di aprire un negozio on-line e operare nell’ambito del commercio elettronico indiretto di non emettere nessun documento a fronte di una vendita a consumatori privati, essendo sufficiente l’annotazione sul registro dei corrispettivi del totale delle operazioni giornaliere ex art. 24 del D.P.R. n. 633/1972.
I corrispettivi giornalieri delle vendite, comprensivi dell’Iva, devono essere, tuttavia, annotati nel registro di cui al citato art. 24 del D.P.R. n. 633/1972 entro il giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione e con riferimento al giorno di effettuazione.
Nell’ipotesi in cui vengano emesse fatture su richiesta o meno dei clienti, occorrerà istituire, insieme con il registro dei corrispettivi, il registro delle fatture emesse di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 633/72 (cfr. R.M. 20.01.1994, n. 2615).
IL CASO DEI RESI
– Va detto che l’emissione della fattura consente di utilizzare la procedura di variazione prevista dall’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, qualora il cessionario restituisca i beni al venditore (ad esempio esercitando il diritto di recesso).
Qualche dubbio interpretativo si è avuto nei casi in cui i beni ceduti, per cui non è stato prodotta la fattura, vengano restituiti al fornitore.
Per risolvere tali criticità si fa riferimento alla Ris. n. 274/E del 5 novembre 2009. In tale documento, l’Agenzia delle Entrate asserisce che per recuperare l’IVA sui resi di merce nell’ambito delle attività di commercio elettronico indiretto che non comportino l’obbligo di emissionedi fattura/scontrino/ricevuta fiscale, il contribuente deve fornire la documentazione, che consenta l’identificazione degli elementi necessari a correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento che prova la vendita originaria quali:
– le generalità del soggetto acquirente;
– l’ammontare del prezzo rimborsato;
– il “codice” dell’articolo oggetto di restituzione;
– il “codice di reso” (quest’ultimo deve essere riportato su ogni documento emesso per certificarne il rimborso).
Il commercio elettronico diretto
Nella definizione di commercio elettronico diretto rientrano tutte le operazioni che si svolgono interamente in modalità telematica (dalla cessione alla consegna del prodotto) e che hanno per oggetto un bene o un servizio messo a disposizione del destinatario in forma digitale e tramite una rete elettronica.
Si ricorda che per tale tipologia di operazioni nonsi parla di cessione di beni ma di prestazione di servizi; pertanto, ai fini della determinazione del momento impositivo assume rilevanza il momento del pagamento.
Il regolamento comunitario di riferimento (Allegato1 regolamento 2011/282/UE, così come modificato dal regolamento UE n. 1042/2013) fornisce anche un’elencazione esemplificativa dei servizi prestati tramite mezzi elettronici; l’elenco è puramente esemplificativo:
– fornitura di siti Web e Web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature;
– fornitura di software e relativo aggiornamento;
– fornitura di immagini, testi (e-book) e informazioni e messa a disposizione di basi di dati;
– fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte o d’azzardo, programmi o manifestazioni politici, culturali, artistici, sportivi, scientifici o di intrattenimento;
– fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza (e-learning).
Il solo fatto che un prestatore di servizi e il suo destinatario comunichino per posta elettronica, non implica che il servizio reso sia un servizio prestato per via elettronica.
Non costituiscono servizi di e-commerce(art. 7 § 3 Reg (UE) 282/2011 – già art. 12 Reg. (CE) 1777/2005):
a) i servizi di tele radiodiffusione;
b) i servizi di telecomunicazione;
c) i beni per i quali l’ordine o la sua elaborazione avvengano elettronicamente;
d) i CD-ROM, i dischetti e supporti fisici analoghi;
e) il materiale stampato, come libri, bollettini, giornali o riviste;
f) i CD e le audiocassette;
g) le video cassette e i DVD;
h) i giochi su CD-ROM;
i) i servizi di professionisti, quali avvocati e consulenti finanziari, che forniscono consulenze ai clienti mediante la posta elettronica;
j) i servizi di insegnamento, per i quali il contenuto del corso è fornito da un insegnante attraverso Internet o una rete elettronica, vale a dire mediante un collegamento remoto;
k) i servizi di riparazione materiale off line delle apparecchiature informatiche;
l) i servizi di conservazione dei dati off line;
m) i servizi pubblicitari, ad esempio su giornali, manifesti e in televisione;
n) i servizi di help desk telefonico;
o) i servizi di insegnamento che comprendono esclusivamente corsi per corrispondenza, come quelli inviati per posta;
p) i servizi tradizionali di vendita all’asta che dipendono dal diretto intervento dell’uomo, indipendentemente dalle modalità di offerta.
Non costituiscono servizi di e-commerce, inoltre, (art. 7 § 3 Reg (UE) 282/2011):
q) la prenotazione in linea di biglietti di ingresso a manifestazioni culturali, artistiche, sportive, scientifiche, educative, ricreative o a manifestazioni affini;
r) la prenotazione in linea di soggiorni alberghieri, autonoleggio, servizi di ristorazione, trasporto passeggeri o servizi affini.
s) l’accesso a Internet e al World Wide Web;
t) i servizi telefonici forniti attraverso Internet.
Dal 01.01.2015, quindi, abbiamo una tassazione a destino per i servizi elettronici e di telecomunicazione e tele radiodiffusione.
Il nuovo criterio territoriale applicabile ai servizi elettronici, di telecomunicazione e di tele radiodiffusione resi a privati consumatori comunitari, non è più basato sul Paese del fornitore, ma su quello del cliente (art. 58 della Direttiva n. 2006/112/CE, nel testo sostituito dall’art. 5 della Direttiva n. 2008/8/CE).
L’art. 5 della Direttiva n. 2008/8/CE ha ridefinito i criteri di individuazione del luogo impositivo dei suddetti servizi, estendendo ai rapporti “B2C” le regole già attualmente applicabili alle prestazioni di servizi generiche” scambiate nell’ambito nei rapporti “B2B”.
Dal nuovo anno, quindi, anche per i servizi prestati a persone che non agiscono in veste di soggetti IVA, l’imposta sarà dovuta nel Paese del cliente a prescindere dal Paese in cui il fornitore è stabilito (Paese UE o extra-UE).
Un’eccezione è stata introdotta dal nostro Legislatore per i servizi di telecomunicazione e tele radiodiffusione resi a clienti nazionali, non soggetti IVA.
Avvalendosi della facoltà di deroga prevista dall’art. 59-bis, par. 1, lett. a), della Direttiva n. 2006/112/CE, i citati servizi saranno imponibili in Italia a condizione che le prestazioni siano utilizzate all’interno dell’Unione Europea.
Dal 1° gennaio di quest’anno, in coincidenza, è stata prevista la possibilità di avvalersi del MOSS (Mini One Stop Shop), cioè un regime opzionale che evita, alle imprese che erogano i suddetti servizi, di doversi identificare ai fini IVA in tutti i Paesi membri in cui l’imposta è dovuta, vale a dire i Paesi in cui sono
stabiliti i clienti. La semplificazione consiste nella facoltà di accentrare gli obblighi di dichiarazione e di versamento dell’imposta in capo alla posizione IVA:
– del Paese in cui il fornitore, UE, ha fissato la sede della propria attività o dispone di una stabile organizzazione (cd. “regime UE”);
– del Paese in cui il fornitore, non UE, ha deciso di identificarsi, a condizione che non sia né stabilito, né identificato o tenuto ad identificarsi nell’Unione europea (cd. “regime non UE”).
In sostanza:
– il “regime UE” si applica ai fornitori che hanno la sede dell’attività in un Paese membro e a quelli che, pur avendo la sede al di fuori dell’Unione Europea, dispongono di una stabile organizzazione in uno o più Paesi membri. Con l’opzione MOSS, tali imprese, attraverso il numero di partita IVA di cui sono già in possesso, adempiono agli obblighi di dichiarazione e di versamento dell’imposta relativi ai servizi digitali resi nell’ambito dei rapporti “B2C” esclusivamente nel Paese membro in cui hanno la sede o la stabile organizzazione.
Sono, quindi, esclusi dal regime speciale i servizi digitali forniti a privati consumatori stabiliti negli stessi Paesi membri in cui l’impresa ha la sede o dispone di una stabile organizzazione; sicché, per tali prestazioni, diventa obbligatoria l’apertura di una partita IVA locale con la procedura di identificazione diretta o la nomina di un proprio rappresentante fiscale, con la conseguente gestione “ordinaria” dei relativi adempimenti attraverso tale posizione IVA.
La fatturazione delle operazioni
Per quanto riguarda le transazioni relative al commercio elettronico diretto è necessario precisare che tali operazioni non godono dell’esonero dall’obbligo di emissione della fattura previsto dall’art. 22 D.P.R. n. 633/1972. Nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03615 del 24.09.2014, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le operazioni di commercio elettronico “diretto” (cd. “servizi di e-commerce”), ove territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.
Nell’occasione, in relazione alle novità in vigore dal 01.01.2015, è stato osservato che la Commissione Europea, nella “Relazione della Commissione al Consiglio relativa all’art. 6 della Direttiva n. 2008/8/CE, ha raccomandato agli Stati membri di esonerare dall’obbligo di emissione della fattura le prestazioni di servizi relative al commercio elettronico diretto rientranti nell’ambito di applicazione del MOSS (Mini One Stop Shop).
In linea con questa raccomandazione, nello schema di Decreto Legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri il 24.12.2014, è stato previsto espressamente l’esonero dagli obblighi di cui al Titolo II del D.P.R. n. 633/1972 (fatturazione, registrazione, ecc.) per le imprese che aderiscono al MOSS.
(fonte Fiscal News)