Decreto Rilancio e Contratti a Termine

LE DUE NORME

Al fine di “proteggere” i lavoratori a tempo determinato, in questo periodo di crisi sanitaria ma anche economica da Covid-19, per dare continuità alla prestazione lavorativa il Governo è intervenuto due volte, con due disposizioni contenute nel decreto “Cura Italia” (Legge 27/2020) e nel recente decreto “Rilancio” (D.L. 34/2020). 

CURA ITALIA

La prima norma è contenuta nell’articolo 19-bis della Legge n. 27/2020, di conversione del cd. Decreto “Cura Italia” (D.L. n. 18/2020).

Essa prevede la possibilità di prorogare e rinnovare contratti a tempo determinato nel periodo in cui l’azienda ha in atto una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni. 

La disposizione vieta l’apposizione di un termine al contratto di lavoro qualora l’azienda abbia attivo, nelle medesime unità produttive, un ammortizzatore sociale.

La sospensione del divieto è dipendente dalla durata del periodo di fruizione della Cassa integrazione per COVID-19 e ricomprende anche la proroga ed il rinnovo a termine di un lavoratore da parte di una Agenzia per il lavoro, a scopo di somministrazione.

DECRETO RILANCIO

La seconda norma agevolante è stata prevista dall’articolo 93, del decreto “Rilancio” (Decreto Legge n. 34/2020).

In questo caso, il legislatore ha stabilito la possibilità di prorogare e rinnovare contratti di lavoro subordinati a tempo determinato senza l’obbligo della causale, prevista ordinariamente dall’articolo 21, comma 01, del decreto legislativo n. 81/2015.

Obbligo che il legislatore ha introdotto nel 2018, con il decreto dignità (DL 87/2018), e che impone alle aziende che assumono un lavoratore a tempo determinato di specificarne il motivo per il quale si richiede la prestazione a termine. 

In particolare, la causale è obbligatoria nelle seguenti casistiche:

1. Qualora il contratto a tempo determinato sia superiore ai 12 mesi;

2. In caso di proroga del contratto a termine qualora dalla durata complessiva del rapporto di lavoro si ecceda la soglia dei 12 mesi;

3. Ogni qual volta si tratti di un rinnovo e cioè di un ulteriore rapporto a tempo determinato con un lavoratore che ha già avuto, in precedenza, altri rapporto di lavoro a termine con lo stesso datore di lavoro.

Stop all’obbligo di inserire la cd. “causale” nel contratto di lavoro a tempo determinato e in somministrazione

Infatti, dal 23 febbraio 2020 al 30 agosto 2020, i datori di lavoro potranno ricorrere ai rapporti a termine come avveniva nella disciplina previgente al “Decreto Dignità”.

Si tratta di una novità assoluta contenuta nel “Decreto Rilancio” (D.L. n. 34/2020), in quanto assente nelle bozze circolate nei giorni scorsi. Vediamo i dettagli delle nuove regole che disciplinano il contratto a termine.

DECRETO DIGNITA’ E DECRETO RILANCIO: Campi di Applicazione 

Come noto, il “Decreto Dignità” ha reso meno appetibile il ricorso al contratto a termine attraverso:

  • la riduzione della durata massima del rapporto (da 36 mesi a 24 mesi);
  • l’introduzione della causale per i rapporti che superano i 12 mesi (anche per effetto di più proroghe).

Dunque è possibile stipulare un contratto a termine oltre i 12 mesi, o anche in caso di rinnovo, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Ora, in considerazione della situazione emergenziale, il Governo ha reso possibile non indicare la causale, fino al prossimo 30 agosto, al rinnovo o alla proroga dei contratti a termine che erano in corso di esecuzione alla data del 23 febbraio 2020.

Vengono esclusi dal nuovo regime:

  • i contratti scaduti prima del 23 febbraio 2020;
  • i contratti stipulati per la prima volta in seguito a tale data.

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